La magia delle storie
E le uova d'oro di una gallina, l'uomo che l'ha raccontata per prima e di come le storie si perdono alle origini del nostro tempo.
C'era una volta una gallina.
Questa gallina era diversa dalle altre: invece di fare delle uova normali, le sue erano d'oro. La poverina aveva già i suoi problemi nel gestire la gelosia delle altre galline del pollaio e la paura dei galli più conservatori. Quelli che si lamentavano del fatto che l'oro non si potesse covare e quelli che erano terrorizzati all'idea che si potesse e di ciò che ne sarebbe risultato. Come si sarebbero comportati i pulcini d'oro che avessero rotto i ventiquattro carati che li separavano dal mondo? Insomma, l'oro mica si mangia... e quello era il loro mestiere: crescere, ingrassare e farsi mangiare dal contadino.
La gallina, però, aveva altri piani. Voleva continuare a fare uova d'oro sempre più grandi e più belle in modo che il contadino non la mangiasse. Voleva invecchiare e pensare, aveva già in mente di esporre le sue uova al MOMA, magari aprire una piccola startup per il delivery a San Francisco. D'altronde chiunque avrebbe capito che una gallina così abile da fare uova d'oro era un valore ben più grande di qualsiasi altro suo collega d'aia.
Il piano della gallina avrebbe funzionato con qualsiasi altro animale, se l'animale in questione si fosse evoluto abbastanza da creare una forma di civilizzazione che usasse le galline come fonte di sostentamento, ma l'uomo ragiona in maniera particolarmente contorta.
Così il contadino vedendo che la gallina faceva uova sempre più grosse pensò bene di aprirla per vedere se dentro di lei ci fosse un filone magico e inesauribile di oro a cui attingere direttamente. Perché aspettare un uovo tutti i giorni quando poteva avere tutto subito?
La storia finisce come un film horror degli anni settanta. Mi spiace.
La morale riguarda l'avidità del contadino, si capisce, e forse riguarda anche l'incapacità della gallina di capire le persone per cui lavorava e come avrebbe potuto fare qualcosa per il suo contesto sociale, per quanto ostile e impaurito. Da grandi uova derivano grandi responsabilità.
L'ho un po' ribaltata, ma si tratta - per chi non l'avesse riconosciuta, - di una favola di Esopo. Un personaggio leggendario del mondo della narrativa. Uno dei primi e dei più misteriosi cantastorie.
Ci sono molte ipotesi che sono state formulate sulle sue origini. A me piace molto quella che lo vede come uno schiavo africano poi liberato dopo aver fatto una clamorosa arringa pubblica. Esopo poi si mette a viaggiare nell'antica Grecia, in coordinate spazio-temporali in cui può capitare che ti fermi un attimo all'autogrill per prendere il caffè (vabbé, l'equivalente del periodo) e arriva Solone al bancone. Tu gli racconti una favola, ci scambi quattro chiacchiere, anche se poi alla fine vuole avere ragione lui.
Che tempi, che storie! Sì, perché la storia della gallina dalle uova d'oro, quella di Al lupo! Al lupo! (il pastore originale non si chiamava Pierino) e moltissime altre hanno influenzato quello che tutt'oggi continuiamo a raccontare. E chissà, andando a ritroso, quanto ci hanno influenzato senza che lo sappiamo le oltre seimila pitture parietali delle **Grotte di Lascaux** nella Nuova Aquitania, che risalgono fino al Paleolitico.
Nelle settimane precedenti ti ho raccontato che c'è un narratore nel nostro cervello, che il cervello pensa con la logica, ma sceglie con le emozioni... e che le storie modificano la chimica del nostro cervello grazie al potere dell'empatia che riescono ad attivare.
Insomma, sembra che creiamo storie e che le storie creino noi in una ruota che gira e che si perde nelle origini del nostro tempo, fin dai primi gesti coi quali abbiamo imparato a scambiarci dati e informazioni.
Cose come: "ho fame", "ho sete", "donna dammi la clava", "eccoti la clava in faccia, cafone" e così via.
Dobbiamo stare attenti, mentre impariamo come funzionano le storia - tra scienza e tecnica, - a non perdere la magia delle storie.
Esatto, proprio come il contadino che non si accontenta delle uova d'oro prodotte dalla gallina, noi non dobbiamo smettere di gustarci la magia che produce l’atto del narrare solo perché ci sembra di capire come funzionano certi meccanismi. Questo è un avvertimento. Altrimenti finisce che poi apriamo la storia in due e scopriamo che dentro non c’è niente.
Dobbiamo imparare ad apprezzarne la magia, la poesia, la suggestione. Anche - e soprattutto, - quando conosciamo il trucco.
Stando attenti agli stregoni come ai soloni.
Cominceremo a parlare di questo, nel post di domenica. Se ti va abbonati per sostenere questa mia indagine nelle storie.
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Riconoscere la magia delle storie è salutare e anche salutare è piuttosto salutare, specialmente quando si rischia di diventare noiosi. Quindi io ti saluto.
Ti aspetto tra le righe.
Bellissimo articolo Matteo, continua così!