Non prendere mai un simbolo alla lettera
Il viaggio dell'eroe e le sue infinite declinazioni provengono da una ricerca che ha radici antiche e basi fragili come lo sono le menti di tutti noi. Conoscerci però, aiuta!
Ancora con questo viaggio dell'eroe? Ne parlano tutti! Basta fare una ricerca su Google per trovare centinaia di articoli, anche in italiano, che parlano di Chris Vogler e della struttura del mito.
Da quando nel 1992 (sì, sono passati trent'anni) è stato pubblicato per la prima volta The Writer's Journey (il viaggio dello scrittore!), questa modalità di 'pensare' e 'vedere' le storie si è insinuata in ogni angolino della sottocultura creativa della società mediatica.
Ci sono corsi che insegnano il viaggio dell'eroe per... (e riempi tu al posto dei puntini con quello che vuoi fare).
Per esempio: il viaggio dell'eroe per il romanzo, il viaggio dell'eroe per il public speaking, il viaggio dell'eroe per il marketing e la comunicazione aziendale, il viaggio dell'eroe per la crescita personale, il viaggio dell'eroina per la parità di genere e così via, potrei continuare.
In molti di questi casi si tratta d’interessanti varianti sviluppate sulla base dell'intuizione non tanto di Vogler, ma dello stesso Joseph Campbell che da mitologo non ha mai disdegnato il fatto che il suo lavoro rispecchiasse un vero e proprio approccio psico-filosofico alla vita.
Un approccio, questo, legato all'idea del simbolo e alla capacità collettiva degli esseri umani di radunarsi attorno a qualcosa che è radicato nel profondo della nostra mente e che ci trasmettiamo di generazione in generazione. O meglio, all'assunto che questa capacità sia innata ed esista in tutti noi. Si tratta infatti di una teoria.
Il simbolo, etimologicamente, è ciò che unisce. Può essere un tratto, un'idea, un'immagine.
Si può criticare come semplicistico un approccio alla vita che veda in ogni cosa un viaggio dell'eroe, potrebbe persino essere controproducente convincersi del fatto che quell'eroe siamo noi. Ci costringerebbe a prenderci troppe responsabilità oppure a non prendercene affatto credendoci immuni dalle conseguenze. Certo, tutto dipende da come farlo.
Potremmo farlo male se ci limitassimo a leggere in superficie questo lavoro di sintesi e (a volte) sincretismo fatto da Campbell in sole 527 pagine e in anni di ricerche e riflessioni.
Un percorso iniziato a suo tempo e modo da Carl Gustav Jung e prima di lui in altre forme perseguito da una lunga schiera di pensatori che risale a un tempo antichissimo in cui scienza (la spiegazione inconfutabile dei fenomeni mondani) e la magia (l’interpretazione narrativa del mondano e dell’ultramondano) si mischiavano senza soluzione di continuità.
La riflessione che voglio fare con te a questo punto del mio lavoro su questo romanzo capovolto parte proprio da una critica (che vuole essere costruttiva) non tanto alla sintesi della sintesi, l'ottimo lavoro di Vogler di sole 175 pagine, ma all'uso che si può fare del suo studio.