Meccanismi Complessi che Fanno Cose Semplici
Come ho imparato a riconoscere le macchine di Rube Goldberg (che sono divertentissime) e come ho deciso di smettere d'inseguirmi la coda (che non è affatto divertente). Come ho fatto? Basta scrivere!
Ci sono scene memorabili della storia del cinema legate a meccanismi complessi che fanno cose semplici.
Ne I Goonies troviamo questo meccanismo fatto di pesi e leve che apre il cancello di casa di Mickey: un'operazione che avrebbe potuto fare comodamente quello che a Bologna chiamiamo 'il tiro', ovvero l'apri-porta elettrico.
In Indiana Jones e i Predatori dell'Arca Perduta c’è l’antichissima trappola che scatta durante il prologo, in cui veniamo introdotti al 'mondo della storia' del protagonista: la sua rocambolesca fuga dalla grotta con l'idolo dorato.
In Ritorno al Futuro questo improbabile-ma-possibile artefatto si trova nei titoli di apertura, durante i quali la macchina strampalata di uno scienziato strampalato prepara la colazione per il suo fidato cane Einstein.
Questi tre film hanno diversi punti di contatto tra loro, uno tra tutti è Steven Spielberg, che de I Goonies è stato autore del soggetto, di Indiana Jones è stato il regista e di Ritorno al Futuro è stato il produttore esecutivo.
Un'intuizione che viene da lontano, quella di Spielberg. I meccanismi complessi che fanno cose semplici sono perfetti per la finzione. Intrattengono il pubblico e lo divertono con la loro assurda efficienza. Nel senso che questi meccanismi fanno quello che devono fare, ma lo fanno in modo astruso, tragicomico e ci riescono sempre lasciandosi alle spalle qualche piccolo danno.
A inventare questo tipo di meccanismi fu un cartoonist e umorista di nome Rube Goldberg negli anni '30 del secolo scorso. Come insegnante di sceneggiatura per l'animazione non mi stupisce che Spielberg abbia voluto omaggiare la tradizione. Quello che mi stupisce invece è che il nostro cervello troppo spesso funzioni proprio come una di queste complicate macchine.
Abbiamo un intreccio arzigogolato di leve e ingranaggi nella testa, tostapane che scattano e palline che scivolano lungo il bordo della nostra corteccia cerebrale facendo cadere lunghe, interminabili piste di domino che imitando la fisica newtoniana a cui è soggetto il mondo esterno alla fine del loro fantasioso percorso producono un risultato... Banale!
Se nella comicità costruire una macchina di Rube Goldberg è un gesto virtuosistico e tutt'altro che scontato, nella nostra quotidianità fare dei nostri pensieri - a volte della nostra stessa vita, - un meccanismo complesso che fa cose semplici produce effetti disastrosi su noi stessi e su chi ci circonda.
Nella nostra velocissima società l'Ufficio Complicazione Affari Semplici è sempre aperto, tutti siamo cooptati senza neanche accorgercene.
Persino quando cerchiamo di migliorarci.
Persino quando vogliamo cambiare.
Siamo circondati da messaggi di semplificazione, la maggior parte dei quali ci propongono vie complesse per conquistare una vita più semplice. Elaborati rituali di piegamento degli abiti che devono 'emettere gioia', complicate cerimonie della tisana, piani di fuga lavorativi che comprendono il nomadismo e nello stesso tempo l'acquisto delle tecnologie più costose, meglio ancora se avete appena ereditato una cospicua somma lasciata da una zia ed è fatta. Sarete minimalisti dalla vita semplificata e ridotta finalmente all’essenza. Oppure no. È che vogliamo tutto e il contrario di tutto.
Nella vita reale mi è capitato a volte di comportarmi come una persona di Rube Goldberg, ovvero come quegli individui che per andare dal punto A al punto B scelgono la strada più tortuosa con un sottile gusto per l’autolesionismo.
In inglese si dice 'tail chasing', 'inseguire la propria coda'. E voglio essere sincero come una grappa fatta in casa: prima o poi tutti ci lasciamo sopraffare dalla seducente arte dei cacciacoda.
Un cacciacoda non si scrive le cose perché tanto se le ricorda, oppure al contrario stende lunghe liste disordinate che dissemina su post-it appiccicati per tutto l'ufficio.
Un cacciacoda ti chiama, tu non gli rispondi perché sei occupato e invece di riprovare più tardi, lui che fa? Insiste e ti richiama altre due o tre volte di fila.
Il cacciacoda adora il profumo della carta - per questo non vuole comprare ebook, - ma poi non li legge perché non ha tempo e non ci vede tanto bene.
Il cacciacoda invece di possedere un paio di buoni occhiali da vista ne compra quindici paia al supermercato e si lamenta del mal di testa, ma ora almeno può dimenticarsi gli occhiali dove vuole: problema risolto.
Il cacciacoda gira su se stesso. Fa colazione al bar per sfogliare il giornale anche se non gli piace il caffè. Poi però se vuole finire di leggere una notizia lo fa dal cellulare mentre guida verso l'ufficio perché altrimenti fa tardi.
Il cacciacoda pianifica per ore il tour dei supermercati dove farà la sua spesa 'diffusa' per approfittare di tutti gli sconti, ma ignora il tempo che perde e la benzina che spreca.
Il cacciacoda è uno stacanovista. Resta sempre in ufficio fino a tardi, lavora anche la domenica e non ha tempo per lo svago perché - diciamocelo, - anche nel caso fosse bravo a fare il suo lavoro, lavora male. E si fa del male!
Nella maggior parte dei casi, il cacciacoda non sa di esserlo.
Si definisce 'un leader', 'un manager', 'un imprenditore' e spesso lo è, ma ci sono anche impiegati e molte partita IVA tra le fila di questi antieroi complessi.
Poverino, il cacciacoda è intimamente disperato per la quantità di lavoro che deve smaltire, è sempre indietro con le consegne, è sempre impicciato con gli spostamenti e gli impegni familiari. Tutte complicazioni che si è creato con le sue stesse mani. Tutti impegni che poteva organizzare in modo diverso. Tutte cose che ha fatto senza pensare in modo pratico...
Ed è normale, perché è difficile pensare in modo pratico. Sembra un ossimoro, un contrasto tra due termini che si contraddicono.
C'è un solo modo per pensare in modo pratico: pensare scrivendo.
Tornare su quello che abbiamo pensato, rileggerlo e manipolarlo.
Il nostro viaggio ricomincia da qui, incanalando la persona di Rube Goldberg che è in noi e lasciandoci alle spalle l'ingresso dell'Ufficio Complicazioni Affari Semplici.
Per fare tutto questo abbiamo una manciata di parole che escono dalla nostra testa e ci rientrano di nuovo creando un circuito sano, che ci permette di chiarirci le idee, di formularne delle nuove scartando le prime che ci sono venute in mente.
Io lo chiamo design by writing o scrittura pratica.
Cacciacoda no more, baby.
ps. per iscriverti al prossimo allenamento di scrittura ri-creativa (in cui si parla anche di scrittura pratica), puoi cliccare qui.