Ok, in italiano non esisteva la parola SBLOCCATEZZA fino a pochi minuti fa quando ho deciso - rileggendo questo mio primo messaggio domenicale per te che sei unƏ SBLOCCATƏ RICCƏ, - che SBLOCCATEZZA rendesse l’idea di come ci si dovrebbe sentire leggendo questa newsletter.
Il BLOCCO DELLO SCRITTORE nasce per aiutare chiunque di noi a SBLOCCARSI; come narratore certamente, ma anche come lettore curioso, come pubblico appassionato, come persona creativa.
E tu dirai: «vabbè le altre cose, ma io non sono un narratore». E allora io dirò: «sì che lo sei, lo siamo tutti. Te lo dimostrerò».
Cosa voglio dire dicendotelo? Voglio dire che raccontare consapevolmente (le tastiere dovrebbero avere una scritta di raccomandazione in calce, come quelle sulle bottiglie di alcolici: SCRIVI CONSAPEVOLMENTE)… scrivere consapevolmente, dicevo, è uno strumento che può renderci esseri umani migliori. Ne sono convinto e spero di provartelo nei prossimi mesi.
Con questo progetto voglio fare un esperimento sulla mia e sulla tua scrittura, sulla lettura, sull’abusato e frequentatissimo calderone dello ‘storytelling’ e molte delle possibilità che ci danno le frontiere del digitale. Le possibilità che si nascondono dietro ai tanti limiti.
Queste sono tutte opzioni di riconnetterci con la nostra creatività imparando che è una cosa molto seria e che è collegata alla nostra produttività più di quello che pensiamo.
(Chissà perché si crede che per essere creativi ci si debba sommergere nel caos, si debbano fare cose folli e insalubri, si consegni sempre in ritardo il proprio lavoro. Be’, forse l’ultima cosa ogni tanto può capitare. Che ore sono, di grazia?)
Scrivere è il modo migliore che abbiamo per fotografare i nostri pensieri. A volte si tratta di fotografie in movimento, di immagini sfocate, sovraesposte, oppure bruciate… ma possiamo lavorarci sopra, migliorarle, renderle sempre più chiare.
Scrivere è la cosa più semplice che ci è venuta in mente per riuscire a comunicare meglio che con una clava e un rutto. Potremmo parlare senza scrivere? Pare che faremmo parecchia fatica. Eppure, per qualche motivo irrazionale, deleghiamo la responsabilità di ciò che si scrive solo agli scrittori e ai giornalisti, e magari lo facciamo scrivendolo in uno status su qualche social network.