La tua prima idea non è la tua migliore idea
La trappola più rischiosa della creatività è l'affezione. Le nostre prime idee sono così perfette! Oppure no?
Un'amica un giorno mi chiese aiuto per liberare dal suo cassetto un romanzo imprigionato tra graffette, forbici e righelli. Il poverino era lì da troppo tempo e il peso della cancelleria che gli rotolava sopra ogni volta che lei apriva il cassetto gli aveva segnato la prima pagina.
All'epoca mi guadagnavo da vivere soprattutto come editor per le case editrici. Un lavoro che mi è servito per capire quanto scrivere sia tutt'altro che un atto solitario e impulsivo.
Ero contento per la mia amica. Di solito cerco di convincere persino i soprammobili che scrivere è importante e che tutti dovremmo farlo. Non pensavo che le avrei rovinato la giornata.
Ogni scarrafone...
Uno scrittore pubblicato dovrebbe leggere un'opera prima di tanto in tanto. Dovrebbe farlo con il solo scopo di restituire la disponibilità che qualche altro scrittore, in passato, ha avuto nei suoi confronti.
All'epoca, leggere manoscritti era già parte del mio lavoro e quando io e la mia amica parlammo del suo romanzo nel cassetto, per abitudine, cercai di avere un approccio professionale. La mia amica, però, non aveva mica firmato un contratto editoriale. Mi aveva solo chiesto un parere.
Scrivere una storia - l'ho capito col tempo, - è un po' come far crescere delle piante destinate a fiorire fuori dal nostro posto mentale. Un giardino che tutti potranno vedere e nel quale si potranno avventurare come vorranno. Un luogo che va trattato con rispetto e cura, specialmente all'inizio, quando la terra è ancora da lavorare.
Quindi, come puoi immaginare, con la mia amica feci un disastro quando lei mi chiese cosa ne pensassi.
«È scritto in un buon italiano,» commentai.
Te l'ho detto: un disastro! Lei cercò conferme.
«L'idea iniziale è buona, però...»
L'idea iniziale era il problema, invece.
Come sceneggiatore e come editor ero abituato a essere impudico nei confronti delle storie. Una riunione tra sceneggiatori è come il Fight Club, ma con la carbonara da mettere sui lividi al posto del ghiaccio.
La mia amica invece mi guardò nel panico totale.
«Ma quindi la mia idea è sbagliata?»
Un'idea non è mai sbagliata, ma può sempre essercene una migliore
Sono passati molti anni da quel giorno e parlando con la mia amica mi resi conto che non potevo parlarle come un correttore di bozze, o come un tecnico della narrazione, nemmeno come un collega scrittore.
Dovevo essere un allenatore. Qualcuno che ci fosse già passato prima di lei. Uno sponsor che l'assistesse. Decisi di cambiare il modo in cui lavoravo con gli autori, e funzionò. Mi appassionai alle tecniche legate alla creatività e all'invenzione. E l'uso della psicologia positiva fece il resto.
Ero abituato a criticare il mio lavoro e quello degli altri. Mi pagavano per capire cosa non funzionasse come se dovessi aggiustare una storia, ma la materia delle storie è cosa viva. Non è una macchina, anche se ha i suoi meccanismi.
Tutto può cambiare. Basta accettare che possiamo sempre avere un'idea migliore. E l'idea migliore vince sempre.
Ciao, ansia da prestazione!
Un'idea costa poco e si può cambiare facilmente, se non lo facciamo troppo tardi. Serve soltanto un po' di metodo. Ecco cosa ti consiglio…