La scienza del bla bla bla bla
Le storie sono ovunque e cambiano il nostro punto di vista sul mondo, nel bene e nel male.
La scienza delle storie o della narrazione non esiste, ma esiste - tu chiamala come vuoi che tanto lei non si offende, - e altro non è che tutto l'insieme di ricerche e teorie che hanno dimostrato negli anni alcune interessanti evidenze o fatto emergere probabili relazioni tra:
- il modo in cui costruiamo le storie che raccontiamo,
- quello che succede al nostro cervello mentre ce le raccontiamo,
- e come ci comportiamo di conseguenza per poi ricominciare da capo.
Sì perché c'è sempre una relazione tra la narrazione, o le varie forme di auto-narrazione, e il nostro effetto sul mondo.
Siamo quello che ci raccontiamo, ma non nel senso svenduto del self-help da banco. Quello delle parole magiche da ripeterci quando ci alziamo la mattina o del segreto di desiderare una cosa al punto tale che prima o poi questa si manifesterà autonomamente nella nostra vita.
Il rapporto tra le storie e la scienza del nostro cervello è proprio alla base di questi trucchetti, di più complesse superstizioni o credenze. Perché? Perché sono tutte storie che ci raccontiamo! Fanno leva su questo meccanismo. E non fraintendermi, hanno una funzione molto importante!
Possono essere un kit di pronto soccorso emotivo incredibile. Ci consolano, ci aggrappano alla vita, ci fanno sperare. Mettono un cerotto, ma non curano il male. E fino a qualche tempo fa, magari, un cerotto ci poteva anche bastare. Avevamo altre cose a cui pensare, come: procurarci il cibo, sopravvivere ai predatori, scaldarci durante la notte.
Torniamo al supermercato delle storie. Dall'altre parte del banco, sappiamo che c'è qualcuno che queste storie ce le vuole vendere. Gli interessa solo questo. Non importa di cosa si tratta, dal semplice romanzo romanticone e strappalacrime al manuale su come convincere i tuoi clienti a comprarti le mutande sporche.
La scienza è la magia di chi non ha ancora scoperto la scienza.
E il mondo è pieno di prestigiatori, streghe, negromanti e qualche tenero mago panzone.
Loro in realtà lo sanno che cosa succede alle persone quando si racconta una cosa piuttosto che un'altra. Molte di queste persone sono proprio quelle che sottovalutano il potere della narrazione sul nostro cervello e di solito sono quelli che non si accorgono di far parte della storia di qualcun altro, di non essere la voce narrante della propria vita.
Sono le stesse persone che cercano disperatamente di avere il controllo. Un controllo che vogliono esercitare su tutto e tutti: in famiglia, in azienda, al campo scout, nel partito, a calcetto. Vogliono controllare tutto, sanno di non poterlo fare e così aderiscono a una credenza, si raccontano qualcosa che metta un cerotto. Le stesse persone che dimenticano spesso l'unica cosa che possono fare davvero: esercitare controllo non sul mondo, ma su di sé.
Quando parlo di credenze mi riferisco potenzialmente a ogni nostra convinzione che non abbia una controprova reale e misurabile. Tipo la fisica newtoniana non la definirei una credenza, anche se c'è quella bella storia scritta da William Stukeley sulla mela e Newton.
Pensaci, non ci viene chiesto costantemente di aderire a una narrazione? Non solo quando dobbiamo comprare un romanzo o guardare una serie tv. Anzi, lì siamo molto più critici.
Pensa alla scusa che ti racconta tuo marito per essersi dimenticato di ritirare la spesa, il personal trainer che ti convince di essere sbagliata perché il tuo cxxo non è sodo al punto che non riesci neanche più a cxxxxe. Il presidente, il capufficio, il professore che ti spiegano come funziona il mondo invece di dirti qual è il tuo compito e di lasciartelo fare. L'Italia degli italiani, la Terra Piatta, il nomadismo digitale (che poi sarebbe meglio chiamare nomadismo 'dei digitali', altrimenti quando mi perdo su Google sono nomade digitale pure io).
E alla fine di questo telefono senza fili in cui le storie passano di bocca in bocca e cambiano attraverso le bocche degli altri ci sei tu. C'è il tuo occhio o il tuo orecchio che gli da il permesso di entrare. C'è il tuo cervello che - anche se non vorresti ammetterlo, - è collegato alla bocca e ne detiene la quasi totale responsabilità di contenuto.
Già, perché dentro la nostra testa c'è una voce che ci racconta la nostra storia: l'hai mai sentita te la voce narrante?
Io penso di sì, non dice sempre cose intelligenti o frasi d'effetto come nei voice-over del cinema. Cose tipo "fletto i muscoli e sono nel vuoto", o "finisce sempre così, con la morte. Prima però c'è stata la vita, nascosta sotto il bla bla bla bla".
La nostra voce dice cose piuttosto normali. Per esempio, in questo istante sta leggendo queste parole ed è come se tu la sentissi, magari ogni tanto si ferma anche a commentare, magari se mi hai sentito parlare sembra la mia voce, oppure è la tua, anche se non è una vera voce. Ora forse sta pensando che queste frasi sono troppo lunghe e non ha abbastanza fiato, ma non ha bisogno di fiato! Respira, e pensa alle storie che le hanno raccontato e non vuole credere che possano essere false.
Il fatto su cui vorrei puntare il dito oggi, però, non sono la verità o la menzogna, ma al contrario il semplice effetto sul nostro cervello che hanno le storie e il fatto inalienabile che ne usiamo e ne abusiamo continuamente.
Quella voce nella testa esiste. A suo modo è stata ascoltata e sappiamo anche dove si trova.
L'ha scoperto uno scienziato che si chiama Michael Gazzaniga. Te ne parlo domenica, altrimenti come faccio a farti abbonare se non sei ancora abbonato? Fatti un regalo, ché Natale si avvicina!
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Riconoscere la propria voce narrante è salutare e anche salutare è piuttosto salutare, specialmente quando si rischia di diventare noiosi. Quindi io ti saluto.
Ti aspetto tra le righe.
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